Per la stima eventuale prima di una vendita, l'oggetto deve essere necessariamente smontato?

Dovendo iscrivere e mantenere mia figlia in un'università privata, ho deciso di vendere un mio anello con brillanti e rubini che il mio gioielliere ha stimato intorno ai X0.000 euro.

Ho letto che prima di procedere alla vendita sarebbe meglio munirsi di una relazione di stima di un istituto serio come IGI o Gia, ma ho molti dubbi in proposito.

Trattandosi di un oggetto di famiglia, come viene regolata la compravendita a livello fiscale?

Per la stima eventuale, l'oggetto deve essere necessariamente smontato?

Dovrò lasciarlo in istituto o l'operazione, per maggiore garanzia, può essere fatta in mia presenza?

Grazie per le risposte che cortesemente vorrete darmi.
B.

Gentile signora B.

smontare un gioiello é innanzitutto una soluzione estrema, ma soprattutto é raramente consigliabile!

Lo capirei per un anello con un importante solitarie di diamante, un solitarie del quale non si conoscano con precisione le "aggiornata" caratteristiche;

in tal caso l'eventuale sacrificio della montatura, soprattutto se di scarso pregio artistico, avrebbe certo un senso perché consentirebbe poi una più esatta stima del valore.

Da valutare invece attentamente TUTTI le altre situazioni, perché nella maggior parte dei casi il cannibalismo conseguente finirebbe per decurtare anche pesantemente il ricavo finale.

La gioielleria di pregio, infatti, é il risultato di capacità artistiche, innanzitutto, tecniche e anche economiche la cui felice , intima sintesi é un oggetto il cui valore supera magari di molto il "costo" dei singoli componenti.

Poi, uno sciagurato smontaggio, oltre a distruggere la bellezza materializzata da un bravo artigiano, potrebbe lasciarla in possesso di un numero di gemme secondarie (le cosiddette "pietre di contorno") che magari costarono molto al momento della scelta in un lotto di qualità, ma che considerate adesso da sole e in piccolo numero sarebbero praticamente inutilizzabili.

Perlomeno in tempi ragionevoli…

Certo che se dal gioiello in questione si ricavasse un rubino "di una volta", di quattro o più carati, la tentazione di un "cash" tanto consistente da pagare anche un master successivo alla laurea sarebbe una corposa tentazione anche per quanti soffrissero di tendenze francescane…  :-)

Però, dato il livello di stima ipotizzato dal suo gioielliere, al suo posto io proverei a sondare con l'opportuna calma tanto le valutazioni quanto le propensione all'acquisto da parte di altri, qualificati operatori del settore…

E questo nella ragionevole speranza di riuscire a realizzare il massimo!

Quanto all'aspetto fiscale si tratta di un problema di chi compera, che se ha un'attività del settore dovrà "prendere in carico" il gioiello nel registro degli acquisti.

Lei gli rilascerebbe una dichiarazione in cui descrive e identifica come sua proprietà di famiglia il gioiello ceduto.

E data la cifra in ballo le consiglierei caldamente di farsi pagare con un assegno circolare:

perché con la sublime intelligenza delle leggi che ci opprimono é meglio garantirsi sonni almeno un tantino meno infelici…

In ultimo, gli istituti gemmologici che lei nomina NON rilasciano stime di sorta perché la loro funzione si limita all'identificazione della natura delle gemme e alla discriminazione fra quelle di origine naturale o sintetica.

E, quando possibile, anche a segnalare gli eventuali "trattamenti cosmetici" individuati nelle stesse.

Perizie merceologiche e stime di valore sono compito dei periti, molti dei quali iscritti nell'apposito ruolo aggiornato presso le varie Camere di Commercio.

Periti che, nella quasi totalità dei casi, non si sognerebbero mai smontare un gioiello, lei presente o assente che fosse!

Auguri per la carriera di sua figlia.