Brasile, Eldorado di gemme

Entusiasmo e qualche preoccupazione, perché il Brasile rappresenta si il paradiso per ogni gemmofilo che si rispetti, ma é anche un continente notevolmente fuori mano e, soprattutto, difficile per chi non ne conosca la lingua
Vista panoramica di Pao de Azucar
Vista panoramica di Pao de Azucar

Come il sottoscritto, naturalmente, che inciampa immediatamente nella lista d"attesa e relativi check-in dei voli interni.

Ma se Parigi val bene una messa, qui ci aspettiamo unintero giubileo, e sbarchiamo trionfanti a Belo Horizonte, capitale del Minas Gerais.

Niente soste a S. Paolo, né a Rio de Janeiro, le gemme sono un obbiettivo prioritario, e ci attende la fiera di Teòfilo Otòni, ovvero l'occasione per accedere direttamente al mercato dei grezzi proprio nel cuore della zona mineraria del Nord Este.

Sei o sette ore d'auto ci offrono il primo flash di un Paese che saprebbe sciogliere l'indifferenza di una sfinge:
ampi spazi collinosi, verdi distese in cui si alternano pascoli, macchie tipiche della vegetazione locale, e piantagioni di cocchi, banani, cacao e caffé.

I boschi di bambù forniscono il materiale edile a sporadici chioschi con deliziosi assortimenti di frutta e succhi tropicali, dei quali iniziamo subito un approfondito censimento.

la periferia del villaggio

Ma le soste offrono anche un'altra occasione per metter mano al portafogli: le bancarelle su cui sono accatastati rocce e cristalli nell'attesa dei compratori di passaggio.
Quarzi, soprattutto, nelle varietà rosa e ametista, in blocchi e geodi di notevole massa.

A equilibrare questo benvenuto provvede un’istituzione locale molto tipica: i "quebra molas", ovvero rompimolle, micidiali cunette artificiali (un metro e mezzo di profondità x venti cm di altezza!) che attraversano regolarmente anche le strade di scorrimento.
Servono per ridurre la velocità del traffico, e sarebbero segnalate da cartelli che a volte sono coperti dai rami della vegetazione cittadina, e a volte mancano del tutto.

Così si collaudano in un colpo solo la solidità delle balestre e larigidità dei sedili dell"auto, la resistenza della coppa dell'olio e lesaldature della marmitta.
E anche la durezza della capote: meno male che i piemontesi hanno la testa dura!

Un bel grezzo di smeraldo.
Un magnifico cristallo di smeraldo

Teòfilo Otòni, 150.000 abitanti, è un paesone fra le colline grande più o meno come Alessandria o Novara, ma ha un centro raccolto attorno ai giardini di piazza Tiradentes, con quattro o cinque palazzoni;
poi, quasi solo casette a uno o due piani coperte con tegole e, sovente, con eternit (leggi composto a base d'amianto) che qui è di uso comune.

L'albergo è più che dignitoso, e per una quarantina di Reais (equivalenti ad altrettanti dollari) ci assegnano una stanza che, su nostra richiesta, non ha aria condizionata né frigobar.
La prima é inutile, perché siamo in inverno, e il secondo eccessivamente rumoroso.

Gli italiani sono conosciuti e benvenuti anche senza bagaglio perché, come nel nostro caso, la compagnia aerea che lo ha momentaneamente smarrito te lo manderà nei prossimi giorni, via corriere.
O quasi senza bagaglio, cioè, visto che il laboratorio portatile, insieme alle macchine fotografiche, l'abbiamo tenuto come bagaglio a mano:
nella prossima modifica aggiungeremo fra gli optional anche spazzolino da denti e dopo-barba.

Ora avanti, la baionetta in canna, e sotto con le gemme:
abbiamo individuato l'area della fiera, e abbiamo anche gli indirizzi di operatori locali dotati di "escritorio", ufficio di mediazione, cui fare capo.
Fra noi e loro, però, si estende la suddetta piazza nella quale staziona in permanenza un folla di "operatori" dall'occhio clinico, con borsello e bilancina portatile, che ti agganciano e ti circondano immediatamente.
Il primo round si disputa su di una panchina vicino alla fontana, a fianco di un presidio della Policia Militar tanto ameno da sembrare il chiosco dell'ente per il turismo locale.

un'occhiata da specialisti!
La prima valutazione

Scartati a priori topazi azzurri, quarzi citrini e ametista, cominciamo con le tormaline, non richieste ma tanto abbondanti da rappresentare quasi un terzo di tutta l'offerta.
Il resto sono smeraldi, topazi gialli e fluoriti, parecchia kunzite dalle delicate tonalità rosa, e un paio di lotti di hiddenite con esemplari di un bel verde, ma di taglia eccessiva.

E tanta acquamarina, perché Teòfilo é la patria per antonomasia di questo stupendo berillo celeste.

Il primo impatto è da shock, ma sono subito evidenti alcuni dettagli non secondari:
la qualità del materiale è molto varia, il taglio (almeno nell'80% degli esemplari) scadente, e i prezzi richiesti in prima battuta sono quelli riservati al turista gonzo.
La prima base, quindi, é contrattare, sempre che si abbiano le idee chiare su quanto valgaciò che si cerca.
Anche così le cose non sono proprio semplici, e dopo un paio d'ore di giardino gemmologico è d'uopo invitare i possessori dei lotti più interessanti nell'escritorio più vicino.


Non ci vengono volentieri, perché in caso di vendita dovranno corrispondere una percentuale del 5% al titolare, ma almeno si presenteranno in fila, uno dopo l'altro, per esaltare la propria merce esibita su di una scrivania.
E, particolare importante, ci sarà una presa elettrica alla quale connettere polariscopio, rifrattometro, microscopio e bilancia.

Anche il Thermolyzer fa bella mostra con gli altri strumenti, ma i diamanti esaminati, montati e non, sono talmente ricchi d'inclusioni da essere riconoscibili anche senza strumenti.

Il tour de force continua senza soste, perché ai fornitori invitati si sono aggiunti amici e conoscenti che aspettano pazientemente fin sulle scale dell'edificio. La scelta si fa più difficile, perché il cervello comincia a soccombere al fascino di quanto passa sotto gli occhi.
Si fa presto a parlare d'incarichi specifici, di limiti tassativi, di semplici mandati di ricerca, ma quando spunta un vellutato crisoberillo occhio di gatto, o una tormalina rubellite che sembra una cometa, allora si comincia l'elenco mentale degli alibi da usare con uno dei mandanti per giustificare l'acquisto... fuori programma.

Crisoberillo occhio di gatto

Ed è solo l'inizio, perché ci sono ancora gli smeraldi di Nova Era, le tormaline di Paraìba e certe alessandriti che potrebbero provenire da Sri Lanka, per l'intensità del cambiamento di colore!
Alt, urge una pausa, e una visita a una zona mineraria per l'indomani è proprio quel che ci vuole.

Un paio d'ore di fuoristrada, e il verde delle colline appare costellato dalle macchie rosse dei detriti di scavo. I cercatori (i "garimpeiros") però non si vedono: non tutti gli scavi hanno una regolare concessione e, soprattutto, non tutti i compratori usano moneta legale per gli acquisti.

Pare infatti che alcune transazioni siano concluse con l'aiuto di un revolver calibro 38 quindi, nel dubbio, è meglio essere prudenti.
Beppe (tecnico Telecom, volontario in missione di supporto) e il sottoscritto, semi-liquefatti dal caldo, non mostrano un'aria pericolosa, e la nostra guida non fatica troppo a radunare una dozzina di cercatori nei pressi del loro accampamento.

Le condizioni di vita sono primitive, perché le capanne di rami e fango contengono un giacilio, una mensola eun fornello, ma l'accoglienza è buona, e presto compaiono i frutti di una settimana di lavoro del gruppo: alcuni etti d'acquamarina, con un solo cristallo davvero bello che lasciamo a Beppe, qualche chilo di topazio giallo con bellissime inclusioni (il nostro microscopio ne sarà felice) e tanti, tanti cristalli di quarzo che comperiamo tanto per gradire.

gemmologia sotto gli alberi!

Ci si sente alquanto ridicoli a fare i gemmologi accovacciati per terra, all'ombra dell'albero che ripara tutta la comitiva, ma l'atmosfera è resa più umana da una bottiglia di cachassa che dobbiamo assaggiare nonostante i 40° all'ombra.
Il liquido, distillato dal succo di canna da zucchero, è molto forte e ha un aroma piuttosto affine a quello del carburante locale per autotrazione, ma il sapore è migliore, e non è il caso di sottilizzare sulla mancanza di bicchieri.
Oltretutto, se non ammazza i microbi, li terrà certo così allegri da renderli inoffensivi. Speriamo.

I primi scavi sono a cielo aperto, con vasche naturali in cui risciacquare il materiale di risulta. Poi c'inerpichiamo fino ai cunicoli che penetrano orizzontali nel fianco della collina, e qui scopriamo il significato della parola claustrofobia.
Altezza da un metro e venti a poco meno di due, e larghezza si e no ottanta centimetri, visto che le pareti sono di materiale molto friabile.
L'umidità deve superare il novanta per cento e garantisce una sudata da sauna finlandese.

Scavi a cielo aperto - 1

Preoccupante il risparmio sull'armatura della galleria, per non disboscare i dintorni, ed essere quindi facilmente scoperti;
in compenso si ammira il luccichio d'innumerevoli cristalli che costellano le rosee pareti della vena di berillo.
Il lumino a carburo del nostro accompagnatore rischiara a malapena la zona dove abbattiamo la picconata di rito (leggera, per carità, leggera!) prima di riguadagnare il sollievo dell'uscita, lontana una cinquantina di metri.

Ci raggiunge la moglie del cercatore, con bimbi al seguito, e per una decina di dollari ci vende alcuni cristalli di scarso interesse, ma il tempo di suo marito valeva molto di più.
Addio, amici, e in bocca al lupo!
Per un poco di vitto e una settantina di dollari al mese il vostro lavoro si spiega solo con la speranza di un ritrovamento clamoroso, per quel venti per cento di premio che vi spetterebbe.

E sarà lo stesso poco!

Scavi a cielo aperto - 2

Rientriamo a Teòfilo al tramonto, e per oggi basta con le pietre preziose.
Per noi, almeno, visto che in una delle vie adducenti alla famosa piazza stanno montando le bancarelle della fiera dei garimpeiros.
Si, le bancarelle, disposte su più file, quasi tutte con la copertura in plastica gialla, perché la fiera si svolgerà all'aperto, per un’intera settimana.
Inaugurazione con banda militare e discorsi, ma noi, il pubblico, abbiamo già cominciato la visita da un paio d'ore almeno.

Siete avvezzi al mondo delle gemme? Si?
Allora dimenticate le consuete cartine, visto che qui sono quasi una rarità.
In compenso girano cartocci, sacchi, casse e carriole intere di grezzi, fino ai geodi che rimangono su alcuni furgoni per mancanza delle gru necessarie allo scarico.

Per fortuna non siamo mineralogisti; per sedurre noi un cristallo naturale dovrebbe avere perlomeno la forma di un cavatappi, ma soccombiamo ugualmente alle infinite tentazioni esposte in bell'ordine.

la fiera dei garimpeiros, di giorno...

Da giubbotti, borse e scatole di biscotti emergono anche, dannazione, esemplari tagliati, e mentre te li guardi ad uno ad uno devi anche tener d'occhio americani e tedeschi per non farti soffiare i pezzi selezionati.

Il volume d'affari non è strepitoso e il mercato, a detta di tutti gli espositori, è in forte crisi. I prezzi appaiono invitanti e, previa la solita contrattazione, scendono subito di parecchio.
Nel prezzo bisogna includere anche il mal di schiena, perché non ci sono sedie per i clienti, e la fiera prosegue fino a notte.

Per fortuna ci sono i bar che circondano le bancarelle, ai quali ci si può accomodare per valutare con calma un eventuale acquisto, e per allineare ancora una volta i venditori della vicina piazza che vi hanno seguito anche qui.
Questo è il momento d'oro dei tagliatori, e fra i presenti riconosciamo i titolari di un paio di taglierie italiane.
Che dovrebbero essere di più, ma forse non tutti si sobbarcano volentieri la traversata necessaria per arrivare fino qui:

... e di notte....

Tucson, anche se con prezzi più alti, offre servizi e collegamenti made in U.S.A., e non è poco!
Sulle bancarelle c'è di tutto, ma la parte del leone la fanno, ovviamente, le tormaline e le acquemarine, nonché numerosi smeraldi su matrice provenienti dai giacimenti di Goiàs e Nova Era.

Meno abbondanti i topazi, e poco numerosi quelli di qualità migliore: una trentina di carati, si e no, quelli tinta pesco che scegliamo ad uno ad uno e acquistiamo a dispetto di un'americana (antipatica, con la voce nasale e gli occhiali a farfalla).

Viva viva, un'altra parte della nostra missione è compiuta: chi l'ha detto che in Italia i gioiellieri sanno apprezzare solo le (solite) quattro grandi?
Relax professionale, e caccia a qualche esemplare con inclusioni interessanti.
E colpo di fortuna, perché fra molte fluoriti bellissime, dai colori variegati e dal prezzo piacevolmente basso, troviamo una deliziosa cacoxenite, che tra l'altro mancava dalla nostra collezione.

L'euforia è pericolosa, perché ci avvicina subito un simpatico indigeno con un grezzo d'acquamarina grande come un uovo:
é azzurro, trasparente, esagonale e privo di fratture macroscopiche, almeno per quanto si può vedere con un primo esame.
Per trecento dollari, per di più trattabili, è un affare. E se poi avesse anche qualche inclusione fotogenica...
Più per passione che per diffidenza lo guardiamo alla lente, mentre il venditore smette all'improvviso di parlare.
Bravo, bel colpo, quasi abboccavamo!

É un vetro, con tanto di bolle, ottimamente coperte dai detriti sapientemente disposti all'esterno della fusione.
E si che nei corsi di gemmologia siamo soliti ripetere in continuazione che i Paesi produttori di cristalli naturali sono anche i più forti consumatori degli equivalenti sintetici e telative imitazioni assortite!
Questa è solo una buona imitazione uso patacca, ma tant'è, a volte si é davvero indotti ad abbassare la guardia.

Ricordiamo l'amara esperienza di un paio di dotti "colleghi" in quel di Bangkok che, per la loro taglieria, comperarono, tagliarono e vendettero per naturali dei sintetici di corindone Verneuil, rotti a martellate e spacciati direttamente nei luoghi d'origine dei corrispondenti grezzi naturali!

Per oggi basta comperare, anche l'entusiasmo da Alice nel paese delle meraviglie lascia il posto alla stanchezza e, soprattutto, a un maggiore raziocinio commerciale. Domani sarà la volta di smeraldi, acquamarine e pietre da collezione.
E di tormaline, ovviamente, che ormai si sognano anche di notte.

Quarto giorno di fiera, e terzo caffè mattutino, ottimo ma purtroppo zuccherato all'origine.
Giusto per entrare in atmosfera ci lasciamo abbordare da un tagliatore con tanto di banchetto a fianco della bancarella.
Si sta dedicando a dei quarzi che ci paiono interessanti, e così scoviamo alcuni esemplari con inclusioni inconsuete: lodolite (che sarebbe fango fossile, dall'aspetto di tessuto bouclé) e altri con stratificazioni a piramide, dall'aspetto zuccheroso:
bene, un paio di rotoli di foto al microscopio non glieli leva nessuno.

Per cominciare, è un buon inizio, e raggiungiamo l'ufficio dell'amico ove abbiamo parcheggiato gli strumenti per analisi.
Il codazzo dei venditori si è fatto più selezionato, e oggi ci sarà parecchio da lavorare.

Abbiamo anche una scorta d'onore, perché un giovanotto e paio di fanciulle savonesi si sono assicurati la nostra collaborazione per l'acquisto di varie tormaline rubellite, di un paio di kunziti e d'alcune acquemarine ben tagliate.

il taglio rudimentale...

Il taglio, il taglio è il problema ricorrente, e tranne un lotto di acquemarine calibrate, tutto il resto richiede una selezione pezzo per pezzo.
Padiglioni panciuti, padiglioni troppo bassi, faccette inferiori sparse secondo simmetrie casuali: c'é di che far perdere la pazienza a un francescano, e noi la perdiamo quando cercano di riproporci lotti o esemplari già visti.
Dopotutto, non siamo nati ieri, e anche se non conosciamo molte parole di brasiliano, alcune di quelle del nostro ristretto vocabolario illustrano perfettamente un profondo disappunto.

Siamo alla fine dei lotti di acquamarina, ora bisogna confrontare le qualità e stabilire i prezzi;
altra pausa, un bicchiere di rinfrescante maracujà e, di tanto in tanto, un'occhiata al rifrattometro giusto per darci un tono.

e la finitura sono un problema..


E nuova scorpacciata di adrenalina, perché uno dei lotti di nobile berillo varietà acquamarina risulta essere costituito, per tre quarti, da corindoni e spinelli.
Sintetici, probabilmente, ma il problema non si pone, data la velocità con cui il venditore li ritira e si eclissa.
Dopo il controllo sigilliamo i lotti rimasti e rimandiamo a domani le operazioni monetarie: mai decidere quando si è emotivamente alterati, vero?

Così, gironzolando come turisti, scopriamo che c'é un’altra fiera, o meglio un'esposizione, non lontana dal teatro delle nostre quotidiane fatiche.
Nel "club dei libanesi" a cento metri dalla piazza Tiradentes, una ventina di espositori hanno allestito altrettanti stand, tutti uguali, con tanto di controllo di sicurezza per i visitatori.
Qui i grezzi sono soltanto in funzione ornamentale, perché nelle vetrine (illuminate in modo inadeguato, come al solito) sfavillano gemme che farebbero girare la testa a un maharaja.
Tutti gli espositori ci riservano un trattamento da V.I.P., e ci sembra che l'essere inviati da O.&D. sia considerato molto più del nostro potenziale di compratori.

la fiera concorrente

A Teòfilo Otòni sta nascendo una zona franca dedicata alla lavorazione e al commercio delle gemme, e a noi è illustrato con dovizia di particolari sia lo stato d'avanzamento dei lavori, sia il vantaggio di acquisirne un'opzione.
Promettiamo di girare tutte le informazioni a eventuali operatori italiani, e accediamo all'unico corridoio sul quale si affacciano le vetrine.
Qui non si sceglie: è d'obbligo fermarsi per poi entrare, magari dissimulando un poco di batticuore.

Il primo lotto di indicoliti, una fantastica varietà azzurra di tormalina, ci seduce per dimensione degli esemplari e per limpidezza dei cristalli. Oltretutto abbiamo un preciso mandato in proposito, e questa sera spenderemo un patrimonio in telefono (chiamata a carico del destinatario, per fortuna: è il solo modo per avere subito la linea) per illustrare il lotto, e avere lo sperato assenso.

Apparecchio fotografico, flash e accessori per macrofoto non compensano adeguatamente la distrazione del fotografo, perciò le gemme risulteranno scure, piuttosto sottoesposte. Non proviamo nemmeno a fotografare tre alessandriti, ricche d'inclusioni ma dal cambiamento di colore molto marcato.
Sono di dimensioni eccellenti, fra uno e tre carati, e certo sarebbero la felicità di un raffinato collezionista.

Altro stand, e una sola foto, ma a una rubellite che fa il paio con lo spinello raffigurato in copertina su "Introduzione alle gemme". L'amico che sarebbe disposto a comperarla (oltretutto, il prezzo è quasi la metà di un esemplare simile visto a Basilea) è a Londra, quindi chiediamo e otteniamo un’opzione fino a settembre;
neanche loro, dopotutto, hanno fretta di vendere.

Nei tre stand successivi quasi esclusivamente smeraldi. Il taglio è buono, la provenienza Goiàs e Nova Era. I primi ci paiono eccessivamente scuri, la tonalità è eccellente ma la saturazione eccessiva.
Infatti sono tutti tagliati a ottagono con un padiglione molto basso ma, vivaddio, almeno questo è a gradini.
Il minerale di Nova Era, invece, è spettacolare per limpidezza (il classico "giardinetto" è quasi assente) nonché per vivacità della materia.

Zona di Nova Era: smeraldo grezzo di ottima qualità.
smeraldo di Goyas

Il colore, sovente, non ha nulla da invidiare a quello definito "colombiano", segnatamente di Chivor, e crediamo proprio che molti degli esemplari "colombiani" in circolazione siano in realtà nati da queste parti.
In Italia ne è stato importato uno, eccezionale per qualità e dimensioni, che ci è promesso in visione per fine settembre.

Possibile però che le miniere diano solo colori così pregiati?
No, ovviamente, e vediamo anche alcuni lotti (qualche chilo, per l'esattezza) di smeraldi più chiari, molto economici.
E ci sembrano i gemelli di quelli che indiani ed ebrei offrivano con tanta abbondanza nelle recenti fiere europee.

Ma sono gli esemplari più belli che c'interessano, ed è un peccato non avere ordini per un milione di dollari, o due, tanto per giustificare un viaggio apposito.
Per ora non abbiamo ancora visto le acquemarine dei giacimenti di Paraiba, almeno non di una qualità che ne giustifichi le quotazioni stratosferiche.

Anzi, quelle in circolazione hanno si tinte eclatanti, una via di mezzo fra un neon e una camicetta in discoteca, ma anche una trasparenza penosa, quando non sono totalmente lattiginose.
Saranno interessanti come esemplari da collezione, ma non ci sembra il caso di sborsare centinaia di dollari per gemme della dimensione di un chicco di riso, dall'aspetto simile a quello di tanti pezzetti di plastica colorata!

tormalina di Paraiba

E qui altra smentita: da una vetrinetta sfolgorano una dozzina di esemplari di una bellezza mozzafiato.
Uno per uno ce li lasciano vedere tutti, e la moquette sul pavimento è una garanzia contro i tremolii emotivi, ma ci manca ugualmente il coraggio di smontare l'esemplare più bello dal supporto che gli é dedicato.
E' una goccia color turchese superiore ai tre carati, di una limpidezza incredibile e di una luce fantastica: parola d'onore, brilla di luce propria anche al buio, sotto il tavolo!

La fotografiamo con tutte le illuminazioni e gli sfondi che la limitata attrezzatura ci consente, nella certezza che mancare questa ripresa ci varrebbe il convento di clausura, senza rimpianti.
Raggiungiamo Beppe cui, prosaicamente, abbiamo delegato il compito di campionare qualità e prezzi di smeraldi calibrati.
E" un collaboratore modello, e la precisione dei suoi rilevamenti ci riporta (per poco) con i piedi sulla terra, e al nostro ritorno ci sarà un vicentino felice di ordinare in banca un cospicuo mandato di pagamento.
La fiera è piccolina, nel corridoio si può procedere a zig zag senza saltare nessuno, e così troviamo in fila, nella vetrina di fianco, i cinque topazi più rossi e più belli che avessimo mai visto.
Fin che li si vede sui libri, ci si chiede se esistano davvero, o se non siano il risultato di un'imprecisione nei colori di stampa.
Poi capita all'improvviso la fortuna di vederli, per sognarli quindi per tutta la vita, perché non sono in vendita!
Sono parte della collezione di un famoso gioielliere brasiliano che, di tanto in tanto, invia un pezzo unico in esposizione presso musei o manifestazioni specifiche.

Il giorno in cui un grande gioielliere nostrano decidesse di ospitare qualcosa del genere, noi saremo in prima fila per lasciare sospiri e impronte digitali sulle vetrine.
Ci rendiamo conto s'aver esaurito il compito, e il tempo, che ci hanno portato qui:
Arrivederci, Teòfilo, alL'anno prossimo.

E' stata una faticaccia, ma ne valeva la pena. Oro & Diamanti non lo sa ancora, ma crediamo che l'anno prossimo ci invierà anche a Ouro Preto, capitale dei topazi, e patrimonio artistico dell'umanità.
Ciao, Brasile: la tua terra, le tue genti sono come le tue gemme: meravigliose.