Rubino chiaro, o corindone rosa? E' lo stesso cristallo, ma ha valutazioni diverse.

Corindone rosa o rubino pallido?

Chiamare le gemme col loro nome non é un problema da poco...

Rubino pallido, naturalmente anzi chiaro, affinchè l’aggettivo non richiami languori e tristezze da Mimì della Bohème!
Anni fa la Dr.ssa Superchi (direttore del CISGEM di Milano) sollevò il problema in una conferenza tenutasi presso il museo della scienza e della tecnica, ipotizzando l’adozione di tavole colorimetriche cui far riferimento per stabilire i necessari confini:
Il mostruoso (e carissimo) Farbenatlas DIN tedesco (atlante dei colori secondo le Deutsche Industrie Normen) che non riscosse per nulla gli entusiasmi dei presenti; Farbenatlas cui potremmo affiancare oggi le tavole certificate "PANTONE" made in USA.

Certo, in televisione non erano ancora proposti "zaffiri birmani" e "smeraldi di sicura cava colombiana" con tanta generosità, ma il problema era in ogni caso attuale e, purtroppo, non ha ancora trovato una soluzione.

Universale, per quanto possibile, e soprattutto pratica.
Proposte tante, ma regole adottabili a livello di Norme, niet!

I testi di cui sopra, sfortunatamente, sono stati prodotti per l’industria in generale (inchiostri tipografici, coloranti per tessili, vernici) e non hanno, nel nostro settore, che un valore di riferimento del tutto ipotetico.

E ritorniamo daccapo: perchè rubino chiaro?
Per la pecunia, ovviamente, quasi il magico termine di rubino rendesse più morbidi i cordoni della borsa.
Certamente rende più appetibile una gemma che dovrebbe essere altrimenti valutata per quello che è in realtà: un corindone rosa, o violetto, bello o brutto che sia.

Il corindone, papà del rubino (e dello zaffiro) sarebbe perfettamente incolore se, a volte, non recasse traccia di elementi estranei alla sua composizione chimica: cromo per il rubino, ferro e titanio per lo zaffiro.
E siccome il cromo è un elemento che in natura è molto più raro del ferro, ecco spiegata (una delle ragioni del) la rarità dei rubini rispetto agli zaffiri.

Ma corindone è sovente considerato un termine riduttivo, e in ogni modo non produttivo, specie se una stratificata pigrizia mentale rende impermeabile ai più l’esplorazione di tutta la meravigliosa varietà di colori che la natura ci offre.
Riduttivo, dicevamo, e addirittura inesatto! Ricordiamo d’avere chiesto, in una fiera, il costo di una coppia di stupendi corindoni gialli e il sussiegoso titolare ci corresse con dolorosa precisione informandoci che trattavasi di "zaffiri gialli"...

Pignolerie maniacali, le nostre? Premesso che in questo caso "pignolo" ci suona come un complimento, confessiamo tranquillamente la mania di chiamare le cose con il loro nome, o almeno abbiamo il vezzo di provarci.

E non capiamo quindi perchè termini come rubino, smeraldo, diamante debbano di per se stessi nobilitare esemplari che dovrebbero viceversa essere destinati alla produzione di polveri abrasive!

Dall’America, tanto per cambiare, arrivano un paio di proposte che rappresentano un lodevole tentativo di standardizzare un metro di valutazione:
una macchina analizzatrice del colore, dalla raffinata carrozzeria, e una serie di campioni di plastica colorata, a forma di gemma, in centinaia di tonalità e sfumature numerate.

Sul successo della macchina è meglio stendere un pietoso velo di silenzio, mentre la serie di testimoni ("GEM SET") avrebbe almeno il vantaggio di presentare colori per trasmissione e non per riflessione come quelli delle tavole Normalizzate.

Sorvolando arbitrariamente sulle inadeguate proprietà ottiche della plastica, il problema rimane quello di accordarci, una volta comperata la scala, sul testimone che stabilisca dove comincia quella saturazione di rosso che contraddistingue il regno del rubino.

Qualunque gioielliere non avrebbe dubbi, naturalmente, ma se la virtù ha un prezzo (lo ha?), le definizioni di rubino si sprecano!
E non solo quelle, perchè spesso e volentieri, purtroppo, si aggiunge anche l’origine geografica:
birmano, tailandese, africano e, recentemente, Viet Nam, quasi li si potesse distinguere dal turbante o dal perizoma.

Smeraldo o berillo verde o; dov’è il confine?

Per gli smeraldi va anche peggio, perchè la Colombia sembra essere la sola produttrice, per certi venditori.
Qui non si parla nemmeno di berillo verde (o di quelle stupende varietà rosa, o giallo aureo), ma si spacciano tranquillamente Muzo e Chivor quali miniere d’origine degli esemplari in circolazione, e spregiando come "brasiliani" gli altri. Tutti gli altri!

Il Brasile però ha le dimensioni di un continente e, a parte l’incredibile varietà di altre gemme, produce anche esemplari bellissimi di smeraldo:
se il mercato però li paga meglio semplicemente chiamandoli colombiani, voi riuscireste a immaginare un garimpeiro-missionario che non vi si adegui prontamente?

Abbiamo detto garimpeiro, e non pietraio nostrano, perchè da noi circolano anche definizioni come "Zambia", "Pakistan", "Sud Africa" eccetera che hanno una loro motivazione, ma non certo una giustificazione.

Nel gergo degli addetti, forse giustificabile se usato all'interno del la cerchia dei colleghi, smeraldo Colombia vuol dire una particolare saturazione di verde e di azzurro, s.brasile si riferisce a un certo tipo di verde mela, s.Zambia a un verde cupo particolare, s. Sud Africa alla presenza di un "giardinetto" tipico, e via di seguito.

Idem per i rubini, la cui definizione geografica è abitualmente collegata in modo del tutto arbitrario a una particolare sfumatura di colore.
Quasi quasi c’è da rimpiangere quella definizione "sangue di piccione" che, per la spasmodica ricerca di un riferimento preciso, fu origine di tanti lutti fra gli sfortunati pennuti...

Scherzi a parte, quando invece la descrizione coinvolgesse il cliente non specializzato, la musica dovrebbe cambiare, eliminando dallo spartito tutti i termini la cui attendibilità non si può provare in modo incontrovertibile.
Vendere un’Alfa Romeo o una Ferrari, dopotutto, richiede lo stesso tipo di professionalità, ma nessun concessionario sarebbe così sprovveduto da attribuire alla prima le caratteristiche della seconda, anzi!

Rubino e smeraldo sono termini consueti, conosciuti universalmente e, soprattutto, brevi;
ma non dovrebbe essere difficile adottare termini come berillo varietà smeraldo e corindone varietà rubino:
piano piano s’inizierebbe a indicare le gemme in modo corretto e univoco.

Ma, soprattutto, a valutarne la bellezza con i parametri della trasparenza, della vivacità del taglio, della saturazione del colore.E ad amarle quindi per quello che sono:

lo stupendo dono con cui la natura premia sensibilità e buon gusto di pochi privilegiati!