- Categoria: Articoli d'opinione
- Scritto da Bertalan Ivan
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Fiere del settore: lavoravano per la categoria, ma ora succede il contrario.
Qui comincian le dolenti note, verrebbe voglia di sottotitolare, ma sarebbe alquanto riduttivo:
innegabile però che fiere, mostre e iniziative varie inflazionano ormai l’agenda del settore, e non sarebbe male provare a inquadrare almeno, nella speranza di risolvere presto, alcune delle storture che le caratterizzano in blocco.
Il numero, innanzitutto:
se il mercato è costituito da 1000 clienti, fare 10 o 100 fiere non aumenta certo il numero dei compratori, e in più li rende pigri, o almeno propensi a frazionare, se non a rimandare, quegli acquisti che si potrebbero (e si dovrebbero!) pianificare con ragionevole periodicità.
I costi, poi, sia di campionario (immobilizzo, assicurazioni, trasferta, personale, promozione e servizi successivi), sia d'allestimento, stanno diventando proibitivi, e troppo spesso molto distanti dai risultati attesi.
Intanto, visto che la tendenza è quella di imitare lo sfarzo di Hollywood, ci si puù chiedere a quando la partecipazione alla Coppa America, visto che la vela fa tanto "in".
I servizi,
che sono andati via via scadendo, fino a precipitare a quei livelli che, attualmente, avrebbero diritto al posto d’onore in un libro di barzellette.
Infatti, se una volta si poteva credere che la fiera (le fiere) lavorassero per gli espositori, oggi si potrebbe tranquillamente sostenere il contrario.
Sia chiaro, riteniamo che tutto questo sia successo (e continuerà a succedere a lungo, pur felici di essere smentiti dai fatti) soprattutto per colpa della categoria degli espositori:
categoria che non esiste, visto che al di là di infuocate riunioni di protesta, poi, ciascuno degli operatori si rimette in coda per rinnovare lo stand per la prossima edizione, facendo magari i conti se, con un altro piccolo sforzo, non riuscirebbe a partecipare anche...
Il "ragionamento" base è che uno stand libero potrebbe essere occupato da un concorrente, uno dei tanti peones che affollano le liste d’attesa fin da quando alla fiera di Vicenza l’ineffabile Mariotti dr. Vittorio ci faceva rimpiangere il suo predecessore;
così i vari enti e/o comitati promotori si sono ritrovati arbitri di una situazione idilliaca, dal loro punto di vista:
da una parte loro, con il monopolio delle speranze, e dall’altra noi, i questuanti allo sbaraglio, secondo la legge della jungla.
Da strutture di servizio, ideale punto d’incontro fra domanda e offerta, le Fiere si sono troppo spesso tramutate in gironi danteschi, con gli espositori nel poco invidiabile ruolo dei dannati alla ricerca di un sempre più misero spazio vitale.
E non solo spazio economico, beninteso, ma addirittura spazio fisico!
Già, perché se lo scopo di una manifestazione fosse quello di offrire un panorama vasto, oltre che selezionato, del settore, allora non si spiegherebbero certe scelte a dir poco curiose:
dagli spazi inutilizzati alle assegnazioni rimandate, dai misteriosi criteri di accettazione fino alla selezione in liste d’attesa più segrete di quelle della P2...
E che dire dei (vaghi?) sospetti a proposito di interessi sotterranei in organismi che, facendosi pagare, dovrebbero trattare tutti allo stesso modo?
Soprattutto se nella gestione delle manifestazioni vengono immessi degli ambìti (e sostanziosi) contributi pubblici!
Forse, una nuova edizione "mani pulite" rischierebbe, il grippaggio da superlavoro, ma sarebbe interessante approfondire la conoscenza dei canali preferenziali di cui si mormora da tempo nell’ambiente:
per esempio, l’assegnazione di uno stand solo dopo averne commissionato l’allestimento a una ditta particolare, oppure, nel caso la manifestazione fosse subappaltata a un’organizzazione esterna, gli spazi riservati solo ad operatori amici e negati, viceversa, a eventuali concorrenti.
E via elencando.
Ma una delle storture peggiori, una vera e propria degenerazione irreversibile, è quella che vede tante, troppe fiere agire solo in funzione di sè stesse, nel più sublime disinteresse per le reali necessità di chi ne giustifica l’esistenza.
Numero e data delle manifestazioni sono stabilite solo per garantire la "copertura" degli spazi e del calendario, mentre mancano totalmente, o sono ridotte a livelli nominali, quelle azioni promozionali e quelle iniziative collaterali che riporterebbero in attivo anche i bilanci degli espositori.
Un esempio: la fiera XY, pur se in zona strategica, sopravvive solo grazie ai contributi statali, visto che non ha ritorni economici soddisfacenti;
gli espositori sono tutto sommato pochi, e anche i visitatori non abbondano;
le possibilità allora sarebbero due:
a - un rilancio in grande stile con un’edizione gratuita per un migliaio di espositori, e magari un incentivo per i compratori, oppure
b - la chiusura.
La prima ipotesi necessita di un mammasantissima con le idee chiare, la seconda potrebbe essere la carta più valida in mano agli operatori:
perché non far dipendere l’esistenza di una manifestazione da coloro che ne sopportano i costi?
Un notaio, e una scheda di voto per ogni stand, e alla fine della festa si saprebbe subito quanti sarebbero favorevoli al colpo alla nuca.
É un’utopia, forse, ma quanto sarebbe bello se tante, comode poltrone (e relativi contenuti) entrassero in zone a rischio del tipo "o rendi, o vai..."
Articolo pubblicato su Oro e Diamanti - Trezzano S/N (rivisto ed eventualmente aggiornato)