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Temo che il diamante montatomi sia diverso da quello comperato nel sigillo HRD: che fare?
Buongiorno, innanzitutto complimenti per il sito davvero interessante, sono molto appassionata di diamanti!
Vorrei chiederLe un consiglio.
Mio marito mi ha regalato un diamante, acquistato dal gioielliere di fiducia, munito di certificato HRD.
Poi il gioielliere stesso lo ha montato a soltiario.
E’ un diamante taglio brillante tondo di 0,91ct, colore H purezza VS2 e FLUORESCENZA NULLA (SUL CERTIFICATO C’è SCRITTO: NIL).
Ho scritto maiuscolo perchè il dubbio che mi attanaglia riguarda proprio la fluorescenza.
Infatti mi è capitato di andare da un altro gioielliere il quale aveva una "lucetta" (una specie di torcia), per verificare la fluorescenza dei diamanti.
Per curiosità ho sottoposto il mio brillante a questa luce: È DIVENTATO PROPRIO AZZURRO FLUORESCENTE.
A questo punto mi è venuto il dubbio che il mio diamante non sia quello di cui ho il certificato e pertanto ho paura che "ci abbiano fregati".
Le chiedo cortesemente di darmi un consiglio su come muovermi:
come faccio a verificare se il mio diamante è quello del certificato?
E poi eventualmente, come faccio con il gioielliere?
La ringrazio anticipatamente per la risposta e La saluto cordialmente.
Federica
Buon giorno, Federica
Mi spiace molto per quanto le succede e, mi creda, la sua é una di quelle lettere che non vorrei ricevere...
A priori, c’é una sola, vaga possibilità a suo favore:
che la "lucetta UV" del secondo gioielliere sia una di quelle infami carabattole spacciate per strumenti gemmologici, la cui emissione farebbe diventare fluorescente anche un cocomero!
Per togliersi il dubbio, innanzitutto lavi accuratamente la gemma con un paio di solventi diversi (acetone, trielina, benzina e, se ne ha, con soda caustica calda).
Poi sottoponga il diamante alla ditta F. della sua città, alla quale ho fornito una lampada UV con perfetta filtratura (anche) a 366 nm (nanometri), la lunghezza d’omda UV che si utilizza con i diamanti per questo esame di selezione.
Ma é una speranza remota, e non credo neppure che lei abbia avuto occasione d’immergere accidentalmente la sua pietra in uno dei tanti inchiostri fluorescenti disponibili anche nelle scatole da "piccolo chimico"...
I certificati HRD sono considerati, almeno in Europa, quanto di più attendibile in tema di diamanti, ma queste certezze riguardano cristalli sicuramente attribuibili al certificato che li accompagna, o al sigillo (il blister) nel quale sono racchiusi, che deve essere intatto.
Intatto e ORIGINALE, perché fuori dal laboratorio d’analisi un punto qualsiasi della catena commerciale e tecnica potrebbe avere una "falla"... del tipo di quella che lei teme.
Definito il quadro, che fare?
Oltre al diritto legale di recesso, ci sono due aspetti tecnici (essenziali!) a suo favore, che potrebbero condurla felicemente verso una soluzione ottimale:
a - il certificato gemmologico HRD é completo e molto dettagliato, e quindi con le opportune attrezzature si può verificare se le caratteristiche riportatevi corrispondono con quelle della gemma che le é stata montata.
Infatti, é praticamente impossibile sostituire un diamante con un altro che abbia le stesse, identiche "misure":
altezza totale, altezza di corona, spessore di cintura, profondità di padiglione, ampiezza di tavola, angoli di corona, angolo di padiglione alla cintura, angolo all’apice, grado di colore, e massa totale.
b - le caratteristiche interne del grado VS2 sono assolutamente UNICHE (tipo, posizione, dimensione, forma, aspetto, numero ed eventuale colore) e da sole equivarrebbero a un’impronta digitale inconfondibile, alla quale si aggiungerebbero le eventuali osservazioni sulle caratteristiche esterne dell’esemplare descritto.
Questi dettagli, anche se (eventualmente) non riportati integralmente nel certificato, sono comunque rintracciabili nell’archivio HRD, che potrebbe fornirle tutti i particolari in proposito.
Previa comunicazione degli estremi del certificato.
Avuta la prova (e spero il contrario, in senso tranquillizzante!) dell’avvenuto scambio, si rivolga con franca tranquillità al gioielliere che le ha venduto il gioiello, e gli esponga l’inflice esperienza, dalla quale intende naturalmente uscire con le penne intatte.
Se é un gioielliere degno della fiducia che lei gli ha accordato, sarà il primo a dolersi dell’accaduto, dandole quindi ampia e immediata soddisfazione nel modo da lei preferito.
Per rintracciare poi il responsabile, da giustiziare preferibilmente con un’alabarda arrugginita... :-)
Non é il primo caso del genere che mi capita, ma le posso confermare che i gioiellieri sono i primi a desiderare la soddisfazione dei clienti, il cui passa-parola é sempre il primo motivo del loro successo.
E quindi la inviterei a non disperare.
Ho in programma un giro dalle sue parti, e se crede, potremmo parlarne di persona.
In ogni caso le sarei grato se volesse aggiornarmi circa gli sviluppi della questione.
Auguri.