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Il commercio delle gemme: come avviene a grandi linee?

Gentilissimo sig. Lenti buongiorno, vorrei sottoporle la seguente questione:

come avviene a grandi linee il commercio delle gemme?

Cioè, voglio dire, supponiamo di partire da un paese produttore come che so la Birmania o la Colombia; quali percorsi intraprende tale pietra dalla miniera fino ai mercati del posto o europei?        

Vi sono percorsi legalmente riconosciuti e altri che non lo sono? (immagino di sì evidentemente …)

Le leggi degli stati in che misura o per meglio dire come controllano l'entrata e l'uscita delle pietre?      

Cosa si intende per “spacciatore" di pietre? (ammesso che esista tale figura);

la domanda nasce da un colloquio che ebbi con un  gioielliere (sardo) il quale, quando gli raccontai di aver comprato per strada in Madagascar uno smeraldino (preciso non bello, valore in Europa: 100 euro) mi chiese se avevo un certificato che lo accompagnasse; al mio diniego mi disse che tecnicamente avevo agito come "uno spacciatore di pietre";  (spacciatore di pietre sei??

Con la e del sei molto chiusa) al chè mi è venuta la curiosità.

Grazie mille in anticipo per la sua risposta.

 

Buon giorno Matteo

tracciare un profilo esaustivo, anche solo a grandi linee, relativo al commercio delle gemme é un progetto che é (sarebbe) già stato trattato in poderosi e a volte anche aggiornati volumi…

Lei mi cita in apertura proprio due degli Stati più “impegnativi” per chi va a caccia di pietre preziose, tanto sul piano commerciale quanto su quello personale… 

Anche se tutto sommato gli altri non sono da meno!

Pertanto quello che mi sentirei di consigliarle caldamente é d’informarsi presso le autorità doganali DI OGNI SINGOLO STATO gemmoproduttore a proposito delle licenze di ricerca, di acquisto e quindi delle procedure di esportazione dei preziosi cristalli PRIMA d’incominciare a operare:

scoprirlo DOPO e magari in seguito alla soffiata di un mancato fornitore per lei sarebbe una catastrofe.

Risolto il problema dell’export UFFICIALE lei presenterà i suoi tesori alla dogana europea nel primo Paese d’ingresso, con le fatture d’acquisto e annesse ricevute liberatorie dei relativi oneri.

In dogana lei potrà quindi “liberare” i suoi acquisti pagando dazi e tasse di import sia come privato cittadino sia come commerciante e in questo caso esibirà la fotocopia della licenza di commercio italiana.

Nazionalizzate le sue gemme avrà poi soltanto l’imbarazzo della scelta sul come e a chi (provare a) vendere i suoi preziosi cristalli.

Vendere in blocco i grezzi per ripartire subito per altri acquisti?

Selezionare gli esemplari migliori per farli tagliare e incassare cifre superiori?

Aprire un ufficio e creare una rete di vendita?

Puntare tutto su Internet?

Qui non posso aiutarla ma le sottolineo in ogni caso che i suoi concittadini assorbono molto del materiale che lei “spaccerebbe”  :-)

Il gioielliere sardo l’ha bonariamente presa per il naso con una definizione di fantasia ma se avesse parlato seriamente sappia che nessun “certificato” ha valenza liberatoria a nessun livello.

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