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Missione I.C.E. in Australia

Ovvero, ricerca di mercato, e tentata vendita.

C'era una volta l'I.C.E. Per chi non lo sapesse, l'Istituto Nazionale per il Commercio con l'Estero era l'ente che l'Italia aveva delegato al sostegno delle iniziative volte ad esportare i nostri prodotti. In giro per il mondo si trovavano uffici e funzionari, in sedi autonome o, più sovente, nelle nostre rappresentanze diplomatiche, deputati a fornire informazioni di mercato, elenchi di operatori e dettagli sulle procedure doganali del posto.
E, di tanto in tanto, l'I.C.E. organizzava anche missioni commerciali che, fra diverse lacune, avevano almeno il crisma dell'ufficialità, e quindi una notevole eco nei paesi di destinazione. Sul Boeing 747 Alitalia siamo una ventina di operatori orafi e argentieri, e rappresenteremmo praticamente tutte le zone con tradizioni nel settore: Vicenza, Arezzo, Napoli, Milano, Bari e Catania. E Valenza, naturalmente, con il sottoscritto in avanscoperta come ricognitore a lungo raggio.
Capo-missione Mario Marocco, deputato veneto e, in seguito, sindaco di Grado, che ci rivolge una simpatica predica nella quale mescola auguri di successo e raccomandazioni di galateo: siamo una specie di ambasciatori in missione ufficiale, e eviteremo quindi l'illusione che l'erba del vicinoÉ eccetera., perché anche "gli altri" hanno i loro problemi. E poi, non sarebbe "fair" abbandonarsi alle (purtroppo consuete) critiche della nostra classe politica.
Ma si rivela subito un essere umano, e diventa simpatico: d'ora in poi ci si darà del tu, sostituendo con Dino il Mario di battesimo.; direzione tecnica e coordinamento, Valeria Paganini, gentile ed efficientissima funzionaria romana che, da sola, potrebbe smentire gran parte delle facezie sulla burocrazia capitolina.
Uno scalo tecnico in India, giusto per imbarcare alcune tonnellate di kerosene, e via di nuovo verso Singapore, dove abbiamo preteso una sosta intermedia di ambientamento: un viaggio cos“ lungo, infatti, a causa della differenza di fuso orario ci avrebbe sbarcato in condizioni pietose, con la voglia di andare a letto quando gli australiani si alzano.
Per˜ niente riposo, perché i gioiellieri di Singapore chiedono a gran voce, e per via ufficiale, la possibilità di vedere i nostri campionari, e cos“ i funzionari locali dell'I.C.E. ci organizzano una minifiera in una suite dell'albergo.
Già, erano i tempi in cui i possibili clienti facevano a gomitate per essere ricevuti. Bei tempi, vero? Ma due argentieri, disposto il campionario sui tavoli, si eclissano per raggiungere quelle spiagge bianche che noi vediamo (e che vedremo!) solo dalle vetrate della sala, cos“ riuniamo i loro tavoli e li cospargiamo anche di abbondanti biglietti da visita.
Mario Marocco, promosso argentiere sul campo, farà da cerimoniere, mentre per le spiegazioni tecniche ci arrangeremo Gianni Cacchione ed io. La dogana di Singapore, porto franco dalla temperatura micidiale, non dedica ai nostri carnet che uno sguardo e qualche timbro, così ci imbarchiamo nuovamente, con destinazione Sydney. Arrivati regolarmente, prima di sbarcare veniamo sottoposti a una fumigazione generale che gli addetti della sanità eseguono con bombolette spray in tutto l'aeroplano: in Australia non esistono certe malattie, e non vogliono certo importarle. Niente fiori, frutta o cibarie straniere che, debitamente raccolte, andranno incenerite insieme a insetti e polveri aspirati a bordo!
E finalmente siamo in Australia, comunque in trance perché la sosta intermedia non é stata sufficiente per riposizionare il nostro orologio biologico. é l'alba, ma ci sforzeremo di resistere svegli, o apparentemente tali, fino a sera perché questo sarebbe l'unico modo per superare rapidamente il "jet lag", o rimbambimento da fuso orario che dir si voglia. L'interfaccia locale della dottoressa Paganini si chiama Margherita, é italiana e risiede qui da una decina d'anni come moglie di un australiano cordiale e molto ospitale.
Margherita ci accompagna in albergo, ma ci lascia solo depositare i bagagli poi, implacabile, ci trascina lontano da tutto ci˜ che assomiglia a divani, poltrone, panchine o anche solo confortevoli gradini, in un tour panoramico che finisce solo a notte. Ma finisce con la vista del "concert hall" nella baia, quell'incredibile, meraviglioso teatro auditorium che, da solo, ti riappacifica con l'intera categoria degli architetti.
Il giorno seguente, pur non particolarmente arzilli, siamo per˜ in grado di connettere abbastanza per concordare un piano d'azione: va bene cercare di vendere, ma dobbiamo anche procurare quelle informazioni che ci permetteranno in futuro una penetrazione commerciale ben coordinata e, si spera, duratura.
Tipologia del prodotto presente e stili già apprezzati, entità e qualità delle produzioni locali, paesi fornitori e aree d'influenza, canali commerciali e tempi di fornitura sono solo alcuni dei quesiti ai quali ci sforzeremo di rispondere, per confrontare poi risultati ed impressioni.
Un paio di giorni di libertà sono sufficienti per visitare il centro, e apprezzare adeguatamente le numerose bellezze locali. Urbanistiche, climatiche, eÉ umane, naturalmente. La moda non é aggiornata, ma le minigonne si, e sono tali da scuotere quell'aplomb anglosassone che nessuno di noi dimostra di possedere.
Di anglosassone troviamo invece lo stile di quanto esposto nelle vetrine dei gioiellieri: in centro, come in periferia, pare che si siano riforniti tutti a Londra o a Manchester. Cammei e filigrane dappertutto, seguiti da perle, coralli , avorio e tartaruga in tutte le salse. Scopriremo poi che tutto il mercato é in mano a una dozzina di importatori, ma per ora il fenomeno ci rallegra e ci rende ottimisti: con l'assortimento che ci siamo portati appresso, siamo in grado di entusiasmare praticamente tutti, dall'aborigeno alla moglie del primo ministro.
Nelle vetrine, la gioielleria con pietre preziose é tutta a 14 carati, e l'oreficeria a titoli ancora più bassi, ma questo non ci impensierisce e, incidentalmente, notiamo che la maggior parte dei pezzi é fatto con un oro più rosso di quello in circolazione da noi. Una brutta sorpresa, invece, ci coglie quando, sbirciata un'altra vetrina, cogliamo un particolare inatteso: la forma degli anelli. Dei gambi degli anelli, per l'esattezza, che sono tutti cilindrici, quasi fossero stati ricavati affettando un tubo d'oro con tecnica da salumiere!
Di larghezze assortite, ma tutti uguali, al massimo con i bordi arrotondati come quelli delle vere matrimoniali. Adornati con fregi diversi, arricchiti con riporti vari, impreziositi con castoni e gemme, ma derivati tutti da quella simmetria da noi ormai disueta da decenni. Quasi l'ottanta per cento del mio campionario é costituito proprio da anelli, alcuni con gambo a filo, ma la maggior parte con gambiaffusolati, rastremati, imbutiti, e la sera passa con una mesta rassegna di modelli che, volendo, si potrebbero scomporre e modificare per le esigenze di questo lontano continente. La tentazione sarebbe quella di fare una scenataccia a quelli dell'I.C.E. che per˜, ripensandoci a mente fredda, non avrebbero potuto scovare dettagli tecnici tanto particolari. Ma nella relazione finale suggeriremo certamente la necessità di precedere iniziative analoghe con una ricognizione preventiva da parte di specialisti, non foss'altro per evitare in futuro la tentata vendita alle Hawaii di pellicce "Made in Italy". Ormai siamo in ballo, e l'esposizione di Sydney é davvero una cosa ben organizzata.
L'I.C.E. ha fatto le cose in grande, e l'affluenza il giorno dell'inaugurazione é un evento a cui pochi mancano. Pochi fra quelli che contano, naturalmente, nel commercio, nella politica, nella buona società. Noi siamo tutti quanti parati a festa, con generale dispiego di abiti scuri e camicie bianche, cravatte e calzini rigorosamente in tono che mogli e morose avevano raggruppato in valigia; loro, gli australiani, in giacca sportiva o addirittura in maglietta, per darti del tu e chiamarti per nome cinque minuti dopo le presentazioni. Il più inamidato per˜ é l'onorevole Marocco, che porge al governatore (e al capo dell'opposizione che, in camicia a quadrettoni, lo accompagna) i saluti del governo italiano, nonché i nostri ringraziamenti per l'accoglienza e l'ospitalità.
Ma lo fa con frasi talmente lunghe da mettere in difficoltà Margherita, efficiente e scrupolosa interprete bidirezionale, che lo tira per la giacca con consumata discrezione. Noi siamo subito impegnati in dimostrazioni, considerazioni tecniche, ed anche trattative commerciali, tanto che alla fine della giornata il bilancio si pu˜ considerare decisamente positivo. Lo stile, la varietà dei modelli, e la qualità delle lavorazioni hanno entusiasmato le signore presenti, e più di un operatore ha firmato ordini su indicazione diretta, quasi pressante, della gentile consorte. La sera molti di noi sono ospiti di club esclusivi, dei quali i nostri colleghi australiani sono piuttosto orgogliosi.
Ma la sorpresa più piacevole arriva quando, in cambio, ci chiedono di accompagnarli al "veneto italian club" ove avremmo accesso di diritto. Qui, se il musicale accento dei "magnagati" si é un poco alterato a causa della lontananza, regna per˜ intatto (e tanto apprezzato) lo spirito di casa nostra, e sotto sotto ce ne compiacciamo ricambiando l'ospitalità, e stringendo nuove amicizie. Il giorno dopo il lavoro si svolge in modo più ordinato, ma al pomeriggio riceviamo l'inattesa visita di un'importante delegazione: gli importatori australiani che, con molto tatto, lamentano un'intrusione nel loro mercatoÉ a loro insaputa!
L'I.C.E. si dimostra grande e, provando loro di averli invitati per tempo, sottolinea con garbo ma con chiarezza che fino all'ultimo non ha ricevuto risposta: né all'invito, né all'ipotesi di una collaborazione istituzionale. Qualcuno di loro mastica un pochino amaro, forse vorrebbe contrattaccare, ma poi tutto si appiana: saranno lieti di studiare con noi il modo migliore per proporre modelli italiani in un mercato rimasto conservatore solo per mancanza di confronti. Arriva anche il fine settimana, e si presenta Derek con una borsa di pietre: zaffiri e opali, per i quali ha già ordinato molte montature. Gli zaffiri sono abbastanza scuri, e quelli più chiari non hanno la vivacità degli esemplari più belli, ma gli opali sono semplicemente straordinari.
Opali arlecchino, entusiasmanti, e soprattutto una quarantina di opali su matrice scura, i leggendari "black opal" che sarebbero l'orgoglio di qualsiasi museo di scienze naturali. In Italia non sarebbero apprezzati, perché salvo un'élite di raffinati collezionisti, incombe una stupida superstizione che ne pregiudica la diffusione. Derek non se la piglia più di tanto, i suoi clienti migliori sono in Germania e negli Stati Uniti, e dato che domani é venerdì, propone una visita alla sua concessione mineraria.
Ci si va col suo bimotore, un superbo Cessna con tanto di serbatoi supplementari alle estremità alari. Per darci modo di ammirare il suo Paese, modifica la rotta per sorvolare la costa il più a lungo possibile. Facciamo il decollo insieme, a doppio comando, e livelliamo in rotta a cinque mila piedi. Pilota automatico, cuffie dell'interfono al minimo, chiacchieriamo una decina di minuti ma il paesaggio é così bello che la macchina fotografica ha il sopravvento sulla conversazione, e sulla passione per il volo.
Qui non ci sono restrizioni idiote, e se all'atterraggio sventoli un apparecchio fotografico ti mandano dal fotografo più qualificato, e non nel penitenziario più vicino. La concessione mineraria si rivela un desolato lembo di deserto dove molti "concessionari" hanno scavato buche di qualche metro, sovente coperte di tavole come riparo per il sole. Un distributore di benzina, un bar uso centro sociale, spaccio e ufficio postale, qualche baracca ed un nome quasi impronunziabile: il volo di ritorno non lascia alle spalle nessuna nostalgia, e Derek propone un'uscita in barca (un modesto venti metri) con un amico appassionato di immersioni subacquee.
La barriera corallina, il famoso reef australiano, é una tentazione disumana, ma sott'acqua, da queste parti, é tutto off-limits: guardare e non toccare, perché é parco naturale sottomarino. Escluse le perle, che oltretutto sono coltivate, qui non si tocca nemmeno un rametto di corallo, anche se ne hanno barriere lunghe centinaia di miglia. Ma, soprattutto, da queste parti circola un certo squalo bianco reso famoso dal suo appetito e dai documentari di Ron e Valery Taylor, per cui ci si scopre improvvisamente interessati alle foreste, ai canguri, ai fiumi e ai laghi della zona.
Anzi no, nemmeno l'acqua dolce va avvicinata spensieratamente, vista la presenza di numerosi, sorridenti coccodrilli. In albergo, anche i colleghi hanno avuto esperienze analoghe, e tutti siamo ormai innamorati di questo continente che ci appare tanto attraente quanto ospitale. Scopriamo anche di essere stati l'oggetto di una discreta, per quanto approfondita, indagine professionale, da parte delle autorità locali; ricompare il governatore insieme al collega dell'opposizione e, parlando del nostro soggiorno in Australia, ci illustra i vantaggi di un eventuale insediamento sotto la croce del Sud.
Diventa più preciso, e ci informa che il governo ha varato numerose restrizioni all'immigrazione, tanto per limitare ingressi e speculazioni indesiderate, ma per operatori qualificati come noi, le porte sarebbero certamente aperteÉ E non dovremmo neppure soffrire di eccessive nostalgie, vista la presenza di una folta colonia di nostri connazionali, già ottimamente integrati. Non vogliamo fare gli orafi? Prestiti al 2% per una ventina d'anni, e agronomi come consulenti gratuiti per la nostra fattoria, con l'aeroplanino che ti porta i bimbi a scuola, e altre delicatezze del genere. Non c'é fretta, si pu˜ decidere con calma; in ogni caso, ecco biglietto da visita personale, indirizzo dell'ufficio immigrazione, e l'elenco degli uffici preposti all'assistenza. Loro sarebbero lieti di darmi il benvenuto come a un "dannato bastardo di nuovo australiano".
Dino Marocco manifesta un poco di inquietudine e, serio serio, assicura che anche il nostro governo ci tiene in grande considerazione. Ripensandoci col senno di poi, concludiamo che ci saremmo privati della doppia aliquota I.V.A., del superbollo diesel, delle ricevute fiscali e dell'eurotassa, per cui siamo fieri di essere rimasti per contribuire all'ascesa della nostra economia.
Addio Sydney, guardiamo ancora una volta le verdi colline che circondano la baia tuffandosi direttamente in mare e, regalato un meritato mazzo di fiori a Margherita, facciamo rotta per Melbourne.
Ore di volo, mare, costa foreste e grandi fattorie. Poi una distesa infinita di casette con giardino, tanto che il centro della città ci pare quasi un elemento estraneo. All'esposizione non compaiono associazioni di grossisti, ma i gioiellieri locali sono molto interessati e, alla fine, sui nostri copia-commissioni ci sono nomi di località anche molto distanti dalla città che ora ci ospita.
Se Sydney ci ha lasciato l'immagine attiva di una New York, Melbourne ci affascina immediatamente come una città dove si vive beneÉ come se si abitasse in campagna! Anche qui la gente é semplicemente deliziosa, nella sua franchezza, nella sua spontaneità, nella generosità con cui si prodiga per mostrarti quanto sia bello il suo Paese. Il giardino botanico, per esempio, dove é tradizione fare almeno un pic-nic. Magari solo in compagnia delle anitre selvatiche in quieta attesa di condividere il banchetto. La nostra mostra si svolge in diverse stanze di un bell'albergo, e il capo della sorveglianza si offre come guida per un "giretto nelle vicinanze", per visitare un'oasi naturale che loro chiamano santuario.
Non é distante, torneremo alla sera, John chiamerà per la sveglia. Risultato, una levataccia alle quattro di sabato mattina, con ritorno alle due di notte, dopo aver visto ondate di pinguini formato mignon che, a file parallele, nuotavano fino a riva per risalire ai nidi fra i cespugli della riva. Ma non era distante, perché sei o settecento chilometri, in Australia, sono una bazzecola. E per visitare un amico che abita qua dietro, per guidare non ci si mette neppure le scarpe: bastano le ciabatte, sono solo duecento miglia, forse meno.
L'addetto culturale del nostro consolato, che per l'occasione si é prodigato come attaché commerciale, ci ha colmato d'attenzioni ben oltre il normale dovere d'ufficio, e ringraziandolo, lo lasciamo con sincero dispiacere. L'ultimo balzo ha come meta Perth, che ci sembra vicina, ma ormai la stanchezza comincia a farsi sentire. Dopotutto, la distanza da Sydney a Perth é superiore di quella che divide Milano da New York, e qualcuno di noi comincia a sentire la nostalgia di casa. Perth si rivela meno redditizia, dal punto di vista commerciale.
La città non é grandissima, i suoi abitanti meno espansivi di quanto ormai siamo abituati a constatare, ma anche qui le possibilità di insediamento e di investimento sono notevoli, e durante le periodiche riunioni affiorano sovente considerazioni sulla vicinanza della Nuova Zelanda, sulla posizione strategica dell'Australia rispetto ai mercati dell'estremo oriente, di Hong Kong e della Cina in particolare.
Ma un paio di considerazioni brutalmente realistiche smorzano abbastanza gli entusiasmi: chi si trasferirebbe da queste parti? Voi tre? E, da soli, avreste la forza di affrontare questi mercati? Fine dei sogni, perché la nostra categoria é si ricca di imprenditori avventurosi, ma caratterizzata da un individualismo che confina spesso con l'autodistruzione. Il che significa l'impossibilità, almeno per l'immediato futuro, di sviluppare una coerente politica di conquista dei mercati che ci si prospettano. Niente ricerche di mercato, niente modellazioni dedicate, nessuna promozione comune né tantomeno un'assistenza specifica.
La missione volge al termine, e Valeria si preoccupa di raccogliere le prime impressioni, ed i principali suggerimenti. Nelle nostre relazioni saranno espressi punti di vista, suggerimenti e conclusioni anche molto lontani fra loro, ma in tutti noi é ben presente l'esempio del comitato francese che svolge compiti analoghi, ma con ben altri mezzi e quindi con risultati ben più corposi.
Caro, vecchio I.C.E., ci hai fornito la bicicletta, ci hai prestato la bussola, e i tuoi pastori ci hanno persino pascolato in giro per il mondo, ma ci sarebbe ancora tanto lavoro da fare. Da parte tua e, soprattutto, da parte nostra. Qualche ora prima del volo di ritorno, completate le formalità doganali, Sandro Sebastianelli incontra un concittadino che aggiorna con passione sulla natia Torre del Greco, rimediando per lui e per me un invito a un'epica spaghettata in casa del nuovo amico. La moglie, indiana con tanto di sari, si rivela un'ospite squisita, ma viene tenuta lontana dai fornelli: gli spaghetti per dei connazionali sono una cosa delicata, perbacco!
La figlia, una bellissima dodicenne indo-napoletana, ci recita Dante e Petrarca che ha imparato nel collegio di suore che frequenta. Ritorniamo in aeroporto giusto prima che la polizia dirami un fonogramma di ricerca, e constatiamo che nessuno di noi ha molta voglia di parlare.
Per fortuna, l'amico Cavalieri, vulcanico gioielliere di Catania, si riconferma quale maestro di p.r. e superiamo il momento dell'imbarco senza lasciar trasparire la sottile malinconia che comunque ci accompagna. Mario Marocco, in classe economica come noi, offre una bottiglia di grappa e suggelliamo un'amicizia nata da quella disponibilità che gli ha valso stima e riconoscenza unanimi.
Accidenti, adesso non potremo più criticare gli onorevoli. Non in blocco, almeno.
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