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Hong Kong... di una volta!

La fine di una colonia.

La recente epidemia d'influenza ci ha mandato a monte una visita "per aggiornamenti...", perché il gruppetto che avremmo dovuto accompagnare ha optato per la Scozia, e confessiamo che la curiosité avrebbe prevalso sul nostro feeling con salmoni e lucci del Nord

Il re é morto, viva il re!

Con questo saluto verrebbe voglia di rendere omaggio a una colonia che fu, ma pensando a Hong Kong riesce difficile pensare a un caro estinto che goda di miglior salute!

Scettici a oltranza, rimarremo comunque a vedere come va a finire, ma se dovessimo azzardare un'ipotesi, il ritiro della sovranità inglese dal baluardo asiatico non dovrebbe essere quella catastrofe temuta o addirittura preconizzata fino a non molto tempo addietro: quella catastrofe che Pechino avrebbecertamente rappresentato ai tempi delle intemperanze delle guardie rosse di Mao.

Nella loro millenaria storia, i cinesi hanno dimostrato la capacità di essere molte cose, ma stupidi, mai.  E non cominceranno certo adesso un nuovo capitolo ammazzando una gallina dalle uova d'oro, quale Hong Kong é sempre stata per il Paese della Grande Muraglia!

Con questi pensieri andavamo da qualche tempo vagheggiando l'ipotesi di tornarci a breve, giusto per sentire che aria tira con la nuova amministrazione, e per fare due conti sulle prospettive future:
dopo tutto, da decenni Hong Kong é una piazza commerciale di prim'ordine, e non solo uno scalo trampolino verso il Giappone o l'Australia!

E ricordiamo allora la nostra prima volta, quella prima volta che esiste per tutte le cose, ma che per HK ti lascia un ricordo speciale.
Cominciando dall'atterraggio, pennellato di precisione su una pista che sembra sbucare per scherzo, anzi per grazia celeste, dal mare in cui pareva voler ammarare il comandante.

Lo sbarco era di una rapidità incredibile, con l'unico problema di trovare un ufficio doganale ove far vidimare il carnet.

Infatti, HK era porto franco, una di quelle stupende istituzioni ove puoi sbarcare con un container digioielli da vendere "pronta cassa" senza che nessuno ti dica nulla.
Timbri doganali a scelta, a piacere, ovunque li desideravi, sui documenti d'ingresso e anche su quelli d'uscita, così poi si risparmierà tempo...
serve altro, sir?

Ecco come nasce un amore, anche se non disinteressato! Se tutto il mondo fosse porto franco, potremmo eliminare con un sol colpo spedizionieri e commercialisti, per cominciare, e via seguitando fino al repulisti finale dei i santuari del bollo tondo, e magari anche oltre!

La sistemazione agli ultimi piani dell'HK Hilton offre una vista incomparabile, e il ristorante con un pianista eccellente sono un alibi sufficiente per rimandare a domani la prima visita della città.
Veramente sarebbe stato meglio cominciare con i "nuovi territori" almeno per ambientarsi un poco inambiente quasi bucolico, dopo il salto di numerosi fusi orari, ma la curiosità é troppa, e il programma già stabilito.

Con un simpatico vagoncino della funicolare saliamo verso uno dei molti belvedere da cui si ammira (e si fotografa) la spettacolare baia. Miriadi di natanti diversi, e una giunca a vele spiegate sembra navigare senza un motivon nella la cornice dei grattacieli che popolano la riva.

E' visibile praticamente a tutte le ore e viene il sospetto che sia alle dipendenze dell'ente per il turismo.

Col binocolo si scopre un traghetto multicolore, e allora si scende verso l'imbarcadero, perché é un'esperienza da non perdere:
biglietto della classe più economica, e traversata verso Kowloon in mezzo a un'eterogenea campionatura della popolazione locale, con capre, galline, biciclette e fascine di canne al seguito!

Chissà se ci sono ancora i biglietti di prima classe? E i vicoli di HK sono ancora puliti e profumati, quasi tirati a cera, come allora?
I ricordi si accavallano, e un improvviso flash ci ricorda il panico dell'ora di pranzo, quando una marea di cinesi ci sommerse, riversandosi all'improvviso in strada, per la quotidiana mezz'ora dedicata alla pappa.

Aberdeen, il quartiere galleggiante, meriterebbe una descrizione con la penna di Dante, e noi ci siamo avventurati sulle passerelle che collegano le barchette ormeggiate una accanto all'altra. Che erano tante, visto che ci vivevano, forse, un milione di cinesi, apparentemente occupati solo in partite di una specie di domino, che sembra si chiami mah-jong.

Gli uomini, almeno, perché oltre una tenda di juta a salvaguardia della privacy, più di una fanciulla sarebbe stata disponibile per un altro genere di passatempi. Cosa che il luogo rende però inappetibili, oltre che sconsigliabili.

Hong Kong, quel crocevia di umane genti, crogiolo di situazioni in continuo divenire, vulcano d'occasioni e tritatutto di speranze, ove solo la bandiera inglese e i funzionbari in divisa, con tanto di bastoncino sotto l'ascella, sembravano la garanzia di un'eternità immutabile!

Qui avevamo incontrato il nipote di un personaggio della nostra storia, del quale aveva ereditato anche il nome: Pietro, e si dava da fare nelle pubbliche relazioni del "merchand banking", ovvero nel mettere a contatto domanda e offerta dei settori più disparati, all'ombra di un potente gruppo finanziario

A HK si compra e vende di tutto, nella maggior parte dei casi senza nemmeno vederlo perché le transazioni avvengono in borsa, con ben poche eccezioni. I gioielli, per fortuna, sono fra queste, e Pietro ci aveva procurato alcuni incontri davvero interessanti, previo corso accelerato sulle strutture economiche locali.

Ma, vendite a parte, quello che ci aveva colpito maggiormente, erano le possibilità d'acquisto, tanto di gioielli, quanto di gemme!

Eravamo già al corrente che alcuni operatori nostrani importavano da termpo oreficerie e anche gioiellerie di HK, ma rimanevamo scettici sulla qualità del prodotto, e vari controlli di persona ci avevano confermato che non si trattava di vuoti pregiudizi.

Nella maggior parte dei casi...!

Ma certi "a giorno" su anelli di raffinata fattira, alcuni bracciali con pavé impeccabili erano però la prova che, pagando, la qualità si poteva ottenere senza problemi. Non ovunque, forse, ma qui senza alcun dubbio.

Le gemme, poi furono il vero shock del viaggio, e dei successivi ricordi professionali!

Le pietre di colore erano disponibili in quantità e qualità illimitate, ma proprio per questo offrivano un panorama sufficientemente vario da essere anche stimolante. I cinesi che ne erano proprietari mostravano persino velleità gemmologiche e il pomeriggio passato nel loro ufficio fu ricco di spunti interessanti e, soprattutto, diversi.

Il peggio, però, arrivò con i diamanti, la cui abbondanza, forse, era sottovalutata persino dalla De Beers!
Tanti, tanti davvero, e grandi, grandissimi. Avevamo esaminato forse una decina di lotti di pietre piccole, il "melée" di uso più comune, quando ci fu offerto di passare ai "solitari". Che tali non erano, non sempre, perché presentati in coppia, in trittico, in serie per bracciali, collane e diademi

Gli addetti non ostentano indifferenza, ma mostrano il distacco, il fare sbigativo di chi ha una quotidiana consuetudine con tanta grazia, e quindi é poco incline a giustificare l'estasi dei visitatrori che rimangono a bocca aperta.
Già, l'estasi, o bramosia di possesso che dir si voglia, perché non é come guardare i gioielli della corona, nella torre di Londra, o la collezione di gemme dello Smithsonian Inst. in America, ove vigilantes e vetri blindati sterilizzano le emozioni:
questa e merce che potresti avere, e basterebbe avere qualche pozzo di petrolio per radunare una collezione da mille e una notte.
Qui i sogni si potevano toccare, esaminare, confrontare e, volendo, persino avere a casa, in visione.
O quasi, perché una banca di Lugano o di Anversa sono giusto dietro l'angolo!

Sarà ancora così? HK ora divide con altre zone della Cina il compito di avamposto del capitalismo, e adesso che il regime, pur con un'ideologia di facciata, punta a unl'economia di mercato sarà opportuno, crediamo, aggiornare molti dei nostri parametri di giudizio e di comportamento.

L"antica roccaforte rimane una meta affascinante per un turismo a largo raggio, e con Singapore popolerà ancora a lungo i programmi di shopping duty free, con i prodotti giapponesi che costano molto meno che non a Tokyo.
Ma speriamo vivamente che abbia conservato la capacità di sollevare lo spirito verso una dimensione senza tempo, o almeno con un tempo meno frenetico, per assaporare nel modo più aqppropriato un thé ai tavolini di quel mitico hotel che é il Peninsula.

Qui ci sarebbe piaciuto dare appuntamento a una fanciulla stile Grace Kelly, e notiamo con piacere che l'idea é venuta ad altri ma Pietro ci ha disilluso subito classificando le decorative fanciulle in circolazione come iscritte a speciali liste di collocamento... per accompagnatrici.

Va bene, tornando con i piedi per terra optammo per una prosaica visita ai "magazzini di Mao" ove si troverebbe di tutto, e senza gli esosi margini di lucro dell'economia capitalista.
Mauro, cugino in quel di Budrio, nella plaga bolognese, vi aveva comperato uno zaffiro per Marisa, la gentile consorte, e aveva poi pensato bene di chiederci un parere in merito (all'acquisto, non alla moglie).
Il regalo fu un successo, e Mauro riscosse abbondanti e intense manifestazioni di riconoscenza muliebre.

E noi fummo felici di confermargli che, pertanto, il prezzo pagato per lo zaffiro risultava essere addirittura irrisorio. Da evitare però ogni ipotesi commerciale, oppure correggere il cartellino, togliendo uno zero dalla quotazione richiesta...

I magazzini di Mao, allora, si rivelarono una delusione, e giustificavano i più biechi, materialisti e qualunquisti preconcetti contro i padroni del vapore che regnavano appena fuori le mura: il nulla, praticamente, in un ordinato squallore dove, fra grandi spazi vuoti, spiccavano una trentina di trattori-giocattolo tutti uguali, rossi gialli e verdi, due ceste di ombrelli neri, e una collana di ventagli per braciere, in piume di gallina

Il reparto gemme era contiguo al reparto tessuti che esibiva ascaffali vuoti e una consistente esposizione di cappelli di paglia e di rastrelli di legno. Ma le gemme, le capitalistiche pietre preziose, finalmente compaiono in banchi-vetrina privi d'illuminazione, ma il problema si supera facilmente quando compare una commessa che, ad un ad uno, estrae con calma i campioni e ce li mostra, completi di prezzi in U$ dollars.

Vietato aprire le scatolette di plartica che li contengono, e se la forma si vede male, il taglio delle pietre si vede anche peggio, affondate come sono in uno strato di plastilina.
Poco male, perché assortimento e qualità sono una cosa pietosa, e l'acquisto sarebbe giustificato solo a titolo di souvenir.
Però, ripensandoci ora, la Cina ha sospeso per decenni l'esportazione di pregiati grezzi, e se decidesse di riaprire i canali, le sue numerose miniere potrebbero inondare i mercati con un assortimento entusiasmante di cristalli preziosi.

Con i diamanti hanno già cominciato, sconvolgendo non poco la quiete dei mercati tradizionali, e se con le pietre di colore facessero quello che hanno fatto con le perle, in un prossimo futuro ci sarà da ridere.
A denti stretti.
Per ora possimo notare il massiccio esodo di tagliatori redeschi, che da Idar Oberstein si sono trasferiti in Cina, ove hanno ingrandito l'azienda, e magari triplicata, a costo zero.

I ricordi cominciano a confondersi, e per riordinarli correremmo il rischio d'inquinarli. Ma torneremmo volentieri a gironzolare per i negozietti ove scovare ancora qualcosa di pregevole, antiquariato o artigianato che sia.

Non d'avorio, anche se quello asiatico sembra non minacciare l'estinzione degli elefanti, ma per solidarietà verso tigri e rinoceronti, che da queste parti sono ridotti a pomate e unguenti "miracolosi".per reumatismi e impotenza.

E che, per la stupida superstizione d'un popolo altrimenti intelligente, rischiano davvero di scomparire in un futuro molto prossimo.

 

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