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Lo sclerometro

Di tanto in tanto ricompare una serie di punte delle quali gioiellieri e gemmologi negano l'uso con scandalizzato candore: le punte a durezza crescente, o scala di Mohs. Si presentano come un astuccio contenente una serie di matite contrassegnate da numeri, solitamente dal 4 al 10, e sono comunemente (e impropriamente) chiamate sclerometro.

La serie di punte in questione é un'eredità che i mineralogisti hanno tramandato ai gemmologi, eredità di cui bisognerebbe però fare a meno: allora, se é perfettamente lecito a un geologo incidere un granito o un calcare per studiarne la durezza, non altrettanto é consentito a un gioielliere alle prese con un rubino o con uno smeraldo...

La scala di Mohs, infatti, prevede una serie di prove per approssimare il grado di durezza del minerale in osservazione, prove che prevedono appunto un più o meno riuscito tentativo d'incisione dello stesso con le varie punte, o testimoni, di durezza crescente.

In gemmologia però si esclude qualsiasi intervento che possa danneggiare il campione (e ci mancherebbe altro!), perciò i valori della durezza, all'atto pratico, sono un'informazione che va accettata con atto di fede profonda.

Naturalmente, disponendo di cristalli grezzi, prima di avviarli al taglio e successiva faccettatura potremmo sbizzarrirci con tutte le prove di durezza che la (limitata) resistenza delle nostre punte ci consentirà, ma non oltre: non con le gemme tagliate, e soprattutto non con quelle altrui!

Domanda a bassa voce: ma nemmeno una grattatina piccola piccola, sulla cintura, che poi non vedrà nessuno?
No, perché non si deve fare, e perché non serve in pratica a niente!

La durezza che si dovrebbe determinare é infatti una proprietà vettoriale, il cui valore dipende dalla direzione secondo la quale é rilevata, e la cintura della nostra gemma non consentirebbe certo un'ampia scelta di manovra!

La capacità di scalfire una superficie consegue anche, e spesso in modo determinante, dalla forma della punta del testimone e dalla pressione che con esso si esercita sul campione, e quindi sarebbe molto facile essere tratti in errore;

l'esiguità della traccia lasciata sulla cintura di cui sopra, infine, dovrebbe essere interpretata con un microscopio, per evitare almeno il rischio di scambiare per un graffio la traccia di polvere lasciata dal testimone che sfreghi su di un materiale più duro (tipo riga di matita, per intenderci).

La nozione della durezza, quindi (insieme con quelle di tenacità, sfaldatura, ecc.) é un termine importante per la lavorazione e il montaggio delle gemme, ma la cui verifica é del tutto sconsigliabile, perlomeno sul prodotto finale gemma.

E lo sclerometro, allora?
Con lo sclerometro (ne esistono di modelli diversi) si misurano durezze di minerali (e di materiali) vari utilizzando incisioni ottenute con punte di diamante, debitamente caricate con pesi di valori opportuni, e agenti sui materiali in esame.
Questi giacciono su un piano in grado di ruotare per angoli definiti perché, come già detto, essendo la durezza, una proprietà vettoriale, dipende dalla direzione secondo cui é misurata..

Gli sclerometri, molto apprezzati dai collezionisti, sono ormai pezzi da museo, di modesto valore didattico e di nessuna utilità pratica;

alla loro famiglia si potrebbero associare anche altri apparecchi che, con sistemi diversi, (mediante collisioni con sfere di acciaioe conseguenti rimbalzi, eccetera), ricavano valori di riferimento per le varie industrie (scale Vickers, Rockwell, ecc.) ma di quasi nessuna utilità per il settore gemmologico.

Nota finale:
da qualche anno circola un manualetto sulle pietre preziose che, pur senza arrivare a suggerire pestello e mortaio fra gli strumenti per analisi gemmologiche, nelle tavole riassuntive elenca fra le caratteristiche anche il colore della polvere delle varie specie: nel caso il Vostro furore scientifico raggiunga tale traguardo, le raccomandazioni di cui sopra sono del tutto superflue...

 

Articolo pubblicato su Oro e Diamanti - Trezzano S/N (rivisto ed eventualmente aggiornato)

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